domenica 24 maggio 2015

dal faticoso grano alla prelibata farina

L’ulivo caratterizza il paesaggio pugliese in maniera determinante, gli uliveti assomigliano a dei parchi molto curati e particolarmente invitanti alle passeggiate, soprattutto in questo periodo di fioritura, guardandoli vengono in mente bellissimi quadri e auliche poesie, ispirano pensieri ed emozioni.

Tutto ciò mi fa tornare in mente una poesia che imparai a scuola, che riesce a suscitare suggestioni simili a questa immagine degli uliveti, la cito, “il gelsomino notturno” di Pascoli:

“E s'aprono i fiori notturni,
nell'ora che penso a' miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.
Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l'ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.
Dai calici aperti si esala
l'odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l'erba sopra le fosse.
Un'ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l'aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.
Per tutta la notte s'esala
l'odore che passa col vento…”
La Puglia è anche la terra dell’olio, sua gloria e suo vanto, il nostro olio compare in tante ricette della medicina alternativa tradizionale, valido sostegno nel processo di guarigione. L’olivo ha anche la sua figura simbolica, la sua forte riconoscibilità, quasi ad essere un monumento vivente.
Avete mai pensato di passeggiare in un uliveto? 
Oppure fermarvi lungo i margini di un campo di grano maturo per ascoltare il fruscio del vento e seguire con lo sguardo le onde che crea nelle piante, come fosse un mare dorato che si muove senza sosta sotto il peso delle spighe splendenti.
Da qui a qualche giorno il grano è maturo per essere raccolto. Ricordo sempre che da bambina riconoscevo sempre questo periodo perché era critico per tutti i contadini, per via del tanto lavoro che c’era da fare per la raccolta del grano, dei legumi e dei foraggi per il bestiame. Tutto il raccolto veniva conservato al riparo, le aziende agricole chiudevano così il cerchio di tutta la fatica e il sudore in quei campi, pregando sempre nel bel tempo perché bastava anche solo un temporale per rovinare il raccolto e buttare un intero anno di lavoro.
Per questo ogni prodotto coltivato viene ritenuto come un dono prezioso, perché è frutto di tanto lavoro e tempo. In passato non si dava nulla per scontato, qualsiasi cosa bisognava guadagnarsela con sacrifici, oggi ci sono macchine agricole che aiutano e in molti casi sostituiscono braccia umane, come le mietitrebbia che riescono a dividere il grano dalla paglia che andrà poi usata nelle stalle.

Ricordo quando portavamo tutto il raccolto dai campi sull’aia delle masserie, i covoni si mettevano uno sull’altro a forma di un grande pagliaio (meta) e si aspettava la trebbiatrice, una unica per tutti, usandola aspettando il proprio turno. Alla fine della giornata ogni contadino aveva il suo grano pulito da portare a casa. Mia madre lo portava subito al mulino per poter avere “la farina nuova”. 
A seconda del tipo di grano che si aveva si preparava il pane o la pasta fresca. Si usava andare per i campi di grano già mietuti in cerca delle spighe cadute dai covoni, questo lo facevano soprattutto i bambini. Si raccoglievano formandone dei mazzi e portati a casa la mamma li batteva con un bastone separando il grano dalla paglia. La farina che si otteneva da quelle spighette veniva utilizzata per fare il primo pane (la vaccaredda) rendendo felici tutti nonostante la fatica del lungo lavoro. Momenti così lontani nel tempo, eppure vividi nella memoria.

Scoprire la Puglia significa anche conoscere la sua prelibata cucina a base di pasta fatta in casa, di pane casereccio, di carni dal profumo di pascolo e formaggi di antica tradizione. Verdure, vini generosi, olio d’oliva aromatico e frutta in abbondanza, sono tanti i doni che questa assolata terra ci regala, con coste ricche di prezioso pesce. Il clima mite tutto l’anno accompagna i profumi, sapori e colori di questa cucina mediterranea, legata a tradizioni che sono patrimoni da custodire gelosamente.
La Puglia ha una grande storia di pasta di semola fatta in casa, con queste materie prime non poteva essere diversamente, resa unica da una lavorazione a mano che ne esalta le qualità. La umile collinetta messa sul tavoliere (grande o piccolo che sia, una volta erano grandissimi) gli stessi gesti tramandati da madre in figlia, gli stessi attrezzi come mattarello, coltello e “frusciello”.

Le nostre orecchiette sono semplicissime da preparare: farina di semola, acqua e un pizzico di allegria. Moltissime sono le varianti per condirle, partendo dal semplice sugo di pomodoro con cacioricotta e basilico. Il ragù è l’unico sugo stracotto della cucina pugliese, la preparazione è un rito che si ripete da secoli, fatto dalle massaie dalle prime luci del mattino. Poi abbiamo quelle con le cime di rapa, variante di piatto invernale, oppure con le braciolette di carne o ancora con carciofi e tranci di spigola. Non si sbaglia mai con le orecchiette, in qualsiasi modo le si preparino saranno sempre buone.

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