L’ulivo caratterizza il paesaggio
pugliese in maniera determinante, gli uliveti assomigliano a dei
parchi molto curati e particolarmente invitanti alle passeggiate,
soprattutto in questo periodo di fioritura, guardandoli vengono in
mente bellissimi quadri e auliche poesie, ispirano pensieri ed
emozioni.
Tutto ciò mi fa tornare in mente una
poesia che imparai a scuola, che riesce a suscitare suggestioni
simili a questa immagine degli uliveti, la cito, “il gelsomino
notturno” di Pascoli:
“E s'aprono i fiori notturni,
nell'ora che penso a' miei cari.
Sono apparse in mezzo ai viburni
le farfalle crepuscolari.
Da un pezzo si tacquero i gridi:
là sola una casa bisbiglia.
Sotto l'ali dormono i nidi,
come gli occhi sotto le ciglia.
Dai calici aperti si esala
l'odore di fragole rosse.
Splende un lume là nella sala.
Nasce l'erba sopra le fosse.
Un'ape tardiva sussurra
trovando già prese le celle.
La Chioccetta per l'aia azzurra
va col suo pigolio di stelle.
Per tutta la notte s'esala
l'odore che passa col vento…”
La Puglia è anche la terra dell’olio,
sua gloria e suo vanto, il nostro olio compare in tante ricette della
medicina alternativa tradizionale, valido sostegno nel processo di
guarigione. L’olivo ha anche la sua figura simbolica, la sua forte
riconoscibilità, quasi ad essere un monumento vivente.
Avete mai pensato di passeggiare in un uliveto?Oppure fermarvi lungo i margini di un campo di grano maturo per ascoltare il fruscio del vento e seguire con lo sguardo le onde che crea nelle piante, come fosse un mare dorato che si muove senza sosta sotto il peso delle spighe splendenti.
Da qui a qualche giorno il grano è
maturo per essere raccolto. Ricordo sempre che da bambina riconoscevo
sempre questo periodo perché era critico per tutti i contadini, per
via del tanto lavoro che c’era da fare per la raccolta del grano,
dei legumi e dei foraggi per il bestiame. Tutto il raccolto veniva
conservato al riparo, le aziende agricole chiudevano così il cerchio
di tutta la fatica e il sudore in quei campi, pregando sempre nel bel
tempo perché bastava anche solo un temporale per rovinare il
raccolto e buttare un intero anno di lavoro.
Per questo ogni prodotto
coltivato viene ritenuto come un dono prezioso, perché è frutto di
tanto lavoro e tempo. In passato non si dava nulla per scontato,
qualsiasi cosa bisognava guadagnarsela con sacrifici, oggi ci sono
macchine agricole che aiutano e in molti casi sostituiscono braccia
umane, come le mietitrebbia che riescono a dividere il grano dalla
paglia che andrà poi usata nelle stalle.
Ricordo quando portavamo tutto il
raccolto dai campi sull’aia delle masserie, i covoni si mettevano
uno sull’altro a forma di un grande pagliaio (meta) e si aspettava
la trebbiatrice, una unica per tutti, usandola aspettando il proprio
turno. Alla fine della giornata ogni contadino aveva il suo grano
pulito da portare a casa. Mia madre lo portava subito al mulino per
poter avere “la farina nuova”.
A seconda del tipo di grano che si
aveva si preparava il pane o la pasta fresca. Si usava andare per i
campi di grano già mietuti in cerca delle spighe cadute dai covoni,
questo lo facevano soprattutto i bambini. Si raccoglievano formandone
dei mazzi e portati a casa la mamma li batteva con un bastone
separando il grano dalla paglia. La farina che si otteneva da quelle
spighette veniva utilizzata per fare il primo pane (la vaccaredda)
rendendo felici tutti nonostante la fatica del lungo lavoro. Momenti
così lontani nel tempo, eppure vividi nella memoria.
Scoprire la Puglia significa anche
conoscere la sua prelibata cucina a base di pasta fatta in casa, di
pane casereccio, di carni dal profumo di pascolo e formaggi di antica
tradizione. Verdure, vini generosi, olio d’oliva aromatico e frutta
in abbondanza, sono tanti i doni che questa assolata terra ci regala,
con coste ricche di prezioso pesce. Il clima mite tutto l’anno
accompagna i profumi, sapori e colori di questa cucina mediterranea,
legata a tradizioni che sono patrimoni da custodire gelosamente.
La Puglia ha una
grande storia di pasta di semola fatta in casa, con queste materie
prime non poteva essere diversamente, resa unica da una lavorazione a
mano che ne esalta le qualità. La umile collinetta messa sul
tavoliere (grande o piccolo che sia, una volta erano grandissimi) gli
stessi gesti tramandati da madre in figlia, gli stessi attrezzi come
mattarello, coltello e “frusciello”.
Le nostre orecchiette sono
semplicissime da preparare: farina di semola, acqua e un pizzico di
allegria. Moltissime sono le varianti per condirle, partendo dal
semplice sugo di pomodoro con cacioricotta e basilico. Il ragù è
l’unico sugo stracotto della cucina pugliese, la preparazione è un
rito che si ripete da secoli, fatto dalle massaie dalle prime luci
del mattino. Poi abbiamo quelle con le cime di rapa, variante di
piatto invernale, oppure con le braciolette di carne o ancora con
carciofi e tranci di spigola. Non si sbaglia mai con le orecchiette,
in qualsiasi modo le si preparino saranno sempre buone.
Nessun commento:
Posta un commento