Ultimi giorni per la raccolta dei
piselli e fave novelle, l’estate che avanza fa indurire le piante e
di conseguenza i baccelli non sono più buoni da consumare freschi.
I
pugliesi di ogni tempo hanno sempre usato queste leguminose per dare
sostanza alla loro tavola, ne hanno creato la loro identità
gastronomica eleggendo il classico piatto di fave e cicoria come
sovrani degli orti nostrani.
Passo a descrivere la maniera classica
di cuocere le fave secche sbucciate. Sono indispensabili tempo,
assistenza continua e una pignata di creta.
- Preparare metà della
quantità totale di patate tagliate a pezzetti e metà di fave secche
nella pignata, riempire d’acqua e sistemarla per la cottura sul
fuoco.
- Quando inizia a bollire, togliere con un cucchiaio di legno la
schiuma che si forma in superficie, fino ad eliminarla completamente.
- Quando le fave cominciano a sfaldarsi bisogna scolarle e ricoprirle
di acqua pulita calda, aggiungendo il sale per insaporirle e
proseguendo la cottura. Un’operazione importante è quella di
scuotere di tanto in tanto la pignata in modo che la purea che si
trova nel fondo della pignata vada sopra e viceversa, in modo da
avere una cottura omogenea.
- Cottura lunga e fuoco lento fino a quando
il nostro composto non abbia raggiunto una consistenza densa e
cremosa, aggiungiamo olio e mescoliamo molte volte energicamente
prima di servirle.
Le fave sono pronte per essere gustate
oltre che da sole anche accompagnate da svariate verdure: con
cicoria, friggitelli, olive nere spadellate, uva o cipolla lessa,
ecc…
Ricordo ancora come usava prepararle mia madre in enormi pignate circondate da carboni nel nostro grande camino. Non avendo il gas in casa, tutto veniva cotto con l’utilizzo del fuoco, anche in estate. Una volta che le fave erano cotte, le versava in una scodella ampia e usando un lungo cucchiaio di legno rimescolava energicamente il composto fino a renderlo cremoso e senza grumi, copriva la scodella con un canovaccio, se la sistemava sulla testa e percorreva tutti i campi per portare da mangiare alla gente che lavorava nelle nostre piantagioni, si pranzava tutti insieme condividendo un unico enorme piatto. A quei tempi la giornata lavorativa cominciava allo spuntare del sole e finiva al tramonto. La purea di fave era un alimento che dava molta energia, era il piatto fisso dei giorni feriali, accompagnata da pezzetti di pane mescolati dentro e una bottiglia di buon vino. In passato le fave si preparavano per necessità, erano un piatto povero ma nutriente, mentre adesso vengono ricercate come piatto tradizionale, semplice e gustoso.
Ricordo ancora come usava prepararle mia madre in enormi pignate circondate da carboni nel nostro grande camino. Non avendo il gas in casa, tutto veniva cotto con l’utilizzo del fuoco, anche in estate. Una volta che le fave erano cotte, le versava in una scodella ampia e usando un lungo cucchiaio di legno rimescolava energicamente il composto fino a renderlo cremoso e senza grumi, copriva la scodella con un canovaccio, se la sistemava sulla testa e percorreva tutti i campi per portare da mangiare alla gente che lavorava nelle nostre piantagioni, si pranzava tutti insieme condividendo un unico enorme piatto. A quei tempi la giornata lavorativa cominciava allo spuntare del sole e finiva al tramonto. La purea di fave era un alimento che dava molta energia, era il piatto fisso dei giorni feriali, accompagnata da pezzetti di pane mescolati dentro e una bottiglia di buon vino. In passato le fave si preparavano per necessità, erano un piatto povero ma nutriente, mentre adesso vengono ricercate come piatto tradizionale, semplice e gustoso.
Gli altri legumi come ceci, fagioli,
lenticchie, si cuociono tutti nello stesso modo, mettendoli in
ammollo la sera prima e cuocendoli in una pentola di creta, con
l’aggiunta di una cipolla, pomodori, prezzemolo, sale, alloro e per
chi gradisce una punta di peperoncino. Si possono mangiare
semplicemente insaporendoli con olio d’oliva a crudo oppure con
pasta fresca come la lasagnetta, conditi da un sughetto leggero di
pomodori. Per rendere ancora più appetitosi questi piatti mia madre
preparava il sugo con cubetti di pancetta rosolata, rendendoli
davvero incredibili, con profumi e sapori indescrivibili.
Un altro piatto che si consumava spesso
nei campi, al riparo dal sole all’ombra di qualche albero seduti su
massi di pietre, era l’ “acquasala”, piatto tipicamente estivo
composto da frise o pane indurito affettato, bagnato con acqua e
condito con olio, pomodori freschi a pezzi, sale e tutto quello che
si trovava a disposizione come cipolla cruda, origano, peperoni,
cocomeri e ciò che l’orto offriva. Un piatto fresco, leggero,
semplice ma sfizioso.
In questo periodo si termina la
piantagione dell’orto in pieno campo, quindi è un periodo pieno di
lavoro. Si piantano peperoni, fagiolini, melanzane, pomodori,
cocomeri, meloni, zucchine, friggitelli e peperoncini. Tutte queste
piantine si accudiscono per qualche mese con cura e perseveranza,
per poter poi raccoglierne i frutti rigogliosi in estate.
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